di Antonio Ambrosio
Ritrarre la timidezza nei suoi aspetti più dettagliati comporta fare un passo indietro e, stare lì, ad ascoltare prima ancora di osservare. Domande di troppo, occhi indiscreti, potrebbero far arrossire. Occorre bussare con delicatezza.
Ed è così che, nel tempo dell’estate, entrare a casa di una delle famiglie note del Cilento per conoscere uno degli ultimi discendenti, Salvatore Magnoni, è stato come incontrare la storia sotto varie epoche.
Accompagnati nella parte più antica della dimora Magnoni, a Rutino, la cantina, il tempo passato lo si scorge dalla mirabile ristrutturazione delle mura e dal recupero delle originali “chiancarelle di legno” (assi di legno usate per la costruzione di solai) che costituiscono quell’elemento importante per determinare un’equilibrata umidità ed ottenere un buon vino.
Qui Salvatore, come solo un timido sa fare ci ha raccontato del suo lavoro, della volontà di produrre vino, di storie del <<Rinascimento Cilentano>> di cui egli stesso ne è espressione, di Cantine sociali e di tutto quel fermento che contraddistingue, da qualche anno, gli imprenditori del posto ed i vinicoltori di una zona vocata al vino.
In questo inizio di conversazione ci parla delle viti coltivate, del lavoro impiegato per mettere su il notevole patrimonio lasciato dal padre e di come in questo periodo di investimento sia stata conseguenziale la scelta di produrre un vino “naturale”.
Un vino in movimento che segue l’arte della fermentazione, un avvicendarsi di profumi e colori stratificati sui bordi delle botti. Dall’animo introverso, dal colore forte, dotato di una caparbietà dirompente che dà calore e sbriglia lentamente dalla durezza della reticenza.
L’assaggio in cantina è sempre degno del suo perché, ha qualcosa in più. In quel luogo puoi aver modo di immaginare e – sentire – tutto il processo di elaborazione: dal ribollire al propagarsi per il corpo. E per questo gentile assaggio, dopo aver sorseggiato con sensato compiacimento, ti accorgi di aver assaporato un vino libero e coraggioso. Non convenzionale.
Come la volontà di porre l’interesse solo sulla produzione di due rossi: Primalaterra e Rosso del Ciglio. Rossi con dentro la terra, la corposità e l’essenza di un rivoluzionario, il cui intento è stravolgere le dinamiche della odierna vinicoltura. Un guerriero in battaglia per l’indipendenza del vino puro.
Lasciata la cantina, spontaneo nasce un invito a mangiare, insieme, qualcosa a tavola. La timidezza ha fatto spazio alla fiducia.
Entrati nell’appartamento privato, nel grande salone oltre i fasti di un passato memorabile si scorgono socchiuse le porte di un vecchio armadio al cui interno viene custodita un’altra delle passioni di Salvatore Magnoni, la musica.
La musica della sua gioventù e crescita partenopea, quella napoletanità manifestata nel linguaggio ed anche nello spirito di chi di fronte a nuove avventure conosce bene come superare le difficoltà. Vino e musica, passioni che si accompagnano, che aiutano il cuore ad essere solare, a mostrarsi, a far entrare l’aria fresca, dando accoglienza a uomini portatori di valori sani e genuini.
Allora una bottiglia, del formaggio ed altro cibo casereccio rendono il pranzo conviviale. I discorsi si fanno amichevoli generando una sinossi esemplificativa sulla particolarità del vino naturale, dell’importanza di portare avanti questa dicitura “naturale”, dell’essere definiti eretici nel pronunciarla o scriverla, della filosofia produttiva incentrata sulla necessità di dare priorità alla terra e su cui si può ancora investire senza alterare i suoi frutti.
Da ciò nasce il nome “Primalaterra”.
E sulle note jazz di un vinile di Milles Davis gli animi si distendono, le parole si alternano a domande esistenziali. Una delle virtù del vino sta nel saper portare il lume della ragione a perdersi per esaltare quel noir turbolento degli spiriti vivaci. Attimi privi di senno, dove gli sguardi manifestano intesa ed assecondano la ritmata musicalità di sottofondo, in un susseguirsi di suoni accordati al silenzio dei corpi.
In quel silenzio e soffermandoti a guardare quell’uomo con alle spalle i suoi avi, attori protagonisti del Risorgimento italiano, tutto ciò che è stato fatto, vissuto e raccontato sottovoce, sembra prendere un senso preciso che è scritto nei geni della famiglia Magnoni.
Raramente un vino ha dietro un uomo timido. Un uomo capace di celare la sua storia e le sue gesta, Salvatore lo è.
A Salvatore Magnoni, un integralista ed un sognatore.