di Evelina Bruno
Si è concluso martedì il convegno PizzaFormamentis, organizzato da LSDM, Luciano Pignataro Wine Blog e CorteseWay per parlare della pizza dal punto di vista scientifico e culturale. Così, fin dall’apertura, il patron Luciano Pignataro ha introdotto docenti universitari come Elisabetta Moro, antropologa, che ha parlato di pizza e dieta mediterranea, di Annalisa Romano, tecnologa alimentare, che ha parlato della quantità di studi scientifici sulla pizza, Antonio Limone, direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Portici, che ha dissertato sulla sicurezza della pizza come alimento assolutamente non cancerogeno, nè dannoso.
L’inizio della prima giornata ci ha permesso di entrare subito nella dimensione scientifica e culturale che ha contraddistinto l’evento: per la prima volta la pizza era vista come patrimonio culturale, bene collettivo, simbolo culturale, oltre che identitario di Napoli.
La seconda parte della prima giornata ha visto entrare nel vivo la discussione sul futuro della pizza come alimento: i pizzaioli accorsi erano molti e tutti erano molto interessati al futuro della pizza ed in particolare a cosa avverrà se il forno a legna dovesse essere messo fuori legge. Recentemente, le percentuali di polveri sottili nell’aria sono state così alte che persino a Napoli, capitale mondiale della pizza, sono state chiuse le pizzerie per evitare le emissioni di fumo nell’aria. Questo, unitamente alla difficoltà di portare il forno a legna all’estero o in eventi e manifestazioni, ha innescato un’animata discussione sulla possibilità di avere o meno una pizza napoletana anche in assenza di forno a legna.
Successivamente, il prof. Paolo Masi, già preside del Dipartimento di Agraria di Portici, ha ribasito i risultati del suo studio: il forno a legna non trasferisce elementi ulteriori alla cottura della pizza per convezione, irraggiamento e conduzione in 60 secondi a più di 400 gradi.
La terza sessione si è conclusa con gli aspetti identitari della pizza.
Il secondo giorno si è aperto con l’esperienza di Franco Manna, che con Rossopomodoro ha esportato la pizza napoletana in tanti paesi del mondo e che conosce la difficoltà di tenere fede alla pizza napoletana e allo stesso tempo diffonderla. Su questo si sono interrogati Gino Sorbillo, Antonio Starita e Gennaro Nasti che, avendo locali fuori Napoli, hanno capito come realizzaree quest’alchimia e, ciascuno dal suo punto di vista, lo ha spiegato.
Infine, la tavola rotonda conclusiva in cui critici, gastronomi, esperti del calibro di Daniel Young, Enzo Vizzari, Paolo Marchi, Luigi Cremona, coordinati da Guido Barendson, si sono confrontati su pizza e Napoli, un binomio indissolubile e complesso che rischia di diventare come l’Inghilterra e il calcio. Ovvero, non è detto che chi ha inventato il calcio giochi poi quello migliore, anzi.
Il Convegno è stato un successo sia per gli acrediti (olte 300) che infatti hanno comportato un cambio di location, da Eccellenze Campane a Palazzo Caracciolo, sia per contenuti e spunti di riflessione. Tra questi la risposta a tutte le domande sembra essere sempre la stessa: “fare con amore una pizza di qualità”.