di Vincenzo Sabatino
La grandezza di un film così viscerale, forse, non si può racchiudere in una recensione. Non è una storia semplice quella raccontata in Parthenope. “Era già tutto previsto”, ma non così. Amore, dolore, passione, azzurro, mare, sole, Parthenope: nostalgia, malinconia, melanconia, e tante, troppe altre emozioni.
Dopo “La grande bellezza”, Paolo Sorrentino ha regalato un altro elogio, alla bellezza. L’incantevole Napoli e la meravigliosa Parthenope che riesce ad essere così bella, sorprendente e con la risposta pronta come la città di cui porta il nome.
“Che cos’è l’antropologia”? “A cosa stai pensando”? Le domande che rimbombano per 136 minuti nelle menti degli spettatori. Domande a cui nessuno riesce a trovare una risposta.
Napoli e le sue contraddizioni, da Posillipo ai vicoli malfamati, e tutto sembra scritto in versi.
Nel cast del regista premio Oscar, la protagonista è una rivelazione del cinema italiano, Celeste Dalla Porta. Al suo fianco attori del calibro di Silvio Orlando (professor Marotta), Luisa Ranieri (Greta Cool), Isabella Ferrari (Flora Malva), il premio Oscar Gary Oldman (John Cheever), Alfonso Santagata (il Comandante), Peppe Lanzetta (il Vescovo), Lorenzo Gleijeses (padre di Parthenope), Dario Aita (Sandrino), Daniele Rienzo (Raimondo). Del cast fanno parte anche Silvia Degrandi, Biagio Izzo, Marlon Joubert, Nello Mascia, Francesca Romana Bergamo.
Il regista napoletano riesce ancora una volta a distruggerci tutti, con la poesia di ogni suo film. L’ultimo tocca picchi troppo alti. È necessaria una sensibilità sublime, per comprendere. Un dolore costante, che non si spegne mai, ma viene affievolito dalla bellezza della protagonista, nata in mare come una sirena, nel 1950. Il racconto è da una prospettiva femminile. Chiunque, a Napoli, la conosce per la sua bellezza, ma lei è anche un’eccellente studentessa universitaria, laureata in Antropologia con 110 e lode e bacio accademico alla Federico II.
Napoli, Capri, gioie e dolori, colori e sapori, parole.
Per più di due ore, si vive in un mito. Parthenope, con il lenzuolo che scende lungo il suo corpo, è una sirena.
Il Miracolo di San Gennaro è elemento di studio antropologico, il tesoro indossato dalla protagonista, un orgasmo che scioglie il sangue del Santo protettore.
Un racconto perfetto dove succedono fatti belli da vedere.
Il futuro, così grande, troppo. Quel dialogo tra la ragazza e Sandrino ha sapore di speranza mista a rassegnazione.
Parthenope invecchierà, conoscerà quel grande futuro, accetterà la proposta del professore, ma poi tornerà nell’anno dello scudetto.
“Un giorno all’improvviso, mi innamorai di te…”
“Dio non ama il mare, arrivederci.”
Al prossimo film di Sorrentino!