di Maria Pepe
La festa va da sé. Ogni paganese lo sa. Qualunque sia il problema della città. Qualsiasi tragedia il mondo attraversi, l’ attuale pandemia, un esempio lampante. La Festa vince e convince. Adeguandosi alle circostanze prende altre vie, altre forme. Ogni casa diventa tosello, ogni figlio, celebrante “della madre dei paganesi”. Da questa mattina il paganese onorerà l’ evento più importante eseguendo con devozionale meticolosità ciò che può senza dubbio definirsi il cuore della Festa.
Carboni e carciofi invaderanno le strade, fila e fila di “tagliolini” prenderanno ad asciugare nell’attesa di sposarsi al ragù della domenica. Domenica, per il secondo anno, la Vergine non riabbraccerà i suoi figli. Folle e coriandoli non saranno lì ad aspettarla. Balli e suoni di tammorre non si eleveranno in suo onore nei cortili. Ma, suoneranno. Suoneranno dalle finestre, dalle case, dai canti biascicati come motivetti d’accompagno della giornata. Non mancheranno tributi istituzionali e artistici per quel che si potrà, ma la vera essenza sarà in questi atti di fede e identità che i cittadini incuranti del mancato spettacolo del clamore compiranno per il loro affetto più grande: la Madonna delle Galline. Questo pomeriggio, le porte del santuario si apriranno nel cuore di ognuno.
A festeggiare questo solenne momento: un gelato, oltremodo dogma e necessità, assaggio e gusto di una gioia che si ritroverà. Per la seconda volta, la festa ci insegna che la fede, l’identità, l’attesa e l’amore sono quello che la muove.