Cantore o maestro pizzaiolo? È questo l’eterno dilemma che si insinua nella mente di chi conosce Gianfranco Iervolino, un nome e un volto che non hanno bisogno di presentazioni. Se assaggi le sue pizze, ti rendi conto della sua maestria nel combinare ingredienti e plasmare impasti. Se lo ascolti cantare e suonare canzoni classiche napoletane, rimani sbalordita perché si trasforma nell’interprete di meravigliose melodie che hanno reso “Partenope” famosa in tutto il mondo.
E diventa sempre più difficile trovare una risposta. Anche perché nonostante gli impegni lavorativi da “Morsi & Rimorsi” a Caserta, se qualcuno lo implora, riesce sempre a trovare il modo di ritornare musico.
Chi è questo ragazzo che ha conquistato Caterina Balivo diventando uno degli appuntamenti fissi della scorsa edizione di “Detto Fatto”?
Di lui è stato scritto tanto e da molti, ma non sempre si è andati al di là di ciò che si percepisce in modo superficiale.
Io che sono “una giornalista e non una foodblogger”, come ripete ogni volta che mi incontra, dopo un casuale incontro in pizzeria dal mio amico Luigi Cippitelli, ho deciso di scrivere di nuovo di lui. Anche perché, qualche mese fa, non ho esitato ad andare a Caserta per rimangiare le sue pizze. Per una serie di motivi. Al di là dell’amicizia, dovevo cercare di capire un po’ di più di un ambiente dove spesso i personalismi contano più delle qualità umane e professionali.
E così il 28 maggio scorso ho varcato la soglia dello splendido locale della famiglia Capece, dove è possibile degustare anche la pizza glutine free.
Sì, sono un po’ in ritardo con la recensione lo so, ma gli ultimi sono stati mesi intensi. Qui Gianfranco è veramente a casa sua, uno di famiglia per intenderci. Lo trovi lì. Impeccabile come al solito, con la divisa imbiancata e infarinata, con quella faccia che spacca in televisione ed è perfetta per il teatro, tranquillo nonostante il sold out in sala e in strada.
L’ambiente conquista la mia attenzione di visitatrice sempre distratta. L’arredamento è molto curato. Un tocco in più è dato dalla ceramica vietrese.
La cosa più interessante è che il positivo impatto estetico è solo l’ouverture di una serata impeccabile. Il servizio di sala si distingue in un momento in cui in Italia non sempre in ristorante e in pizzeria la bravura degli artigiani si sposa con le capacità di accoglienza e professionalità di maître e camerieri.
Finalmente, arrivano le “regine”, le pizze. Al primo morso, le papille gustative di adulti e bambini incominciano un viaggio emozionale che li porterà a lasciare il piatto pulito. Un attimo per capire che il maestro Iervolino è davvero detentore dei segreti dell’arte bianca. Nello stesso tempo, è anche uno chef perché ha una dote particolare, che finora ho riscontrato solo in pochi altri, rendere armonici e abbinare facilmente ingredienti apparentemente inconciliabili.
Anche se la vera pizza rimane sempre la “margherita”, io cedo alle tentazioni delle novità. Essendo una tifosa della Iervolino, più volte recensita e celebrata, scelgo la “Cocò”
(fior di latte di Agerola, gamberi gratinati con pancetta di maiale nero casertano “Mastro Enrico”, ciuffo di crema di ceci neri della Murgia Carsica “Anna Iannone”, sfusato amalfitano e basilico). Un plauso anche alla
“Contadina” (pomodorino del piennolo del Vesuvio Giolì, provola di Agerola, pancetta di maiale nero casertano “Mastro Enrico”, funghi chiodini e rucola). E anche se corro il rischio di essere linciata, anche la sua “Croccopizza”, destinata ai bambini fa la differenza.
Non ci sono parole. Gianfranco gira lo Stivale, ma la sua manualità è sempre la stessa.